Glaube Liebe Hoffnung

Marthaler mette in scena una favola grottesca e ricca di humor nero scritta da Odon von Horvàth.

L’autore ha tratto il soggetto per questa piéce da una storia vera, raccontata da un giornalista specializzato in cronaca giudiziaria, Lukas Kristl. Scritta nel 1932 in un’Europa devastata dalla Prima Guerra mondiale, nel pieno della crisi economica seguita al tracollo delle borse americane del 1929 e già attraversata dagli spettri del nazismo, dipinge un ritratto cinico e pungente di una popolazione portata a compiere gesti estremi e disperati a causa della miseria e della oppressione della macchina statale. Horvàth si pone e ci pone delle domande eterne sulle regole che governano la comunità, i diritti civili e lo stato sociale, ricostruendo la tragedia ancora attuale di una società in cui gli individui rimangono spesso schacciati dai freddi ingranaggi burocratici. Elisabeth è alla disperata ricerca di un lavoro che le permetta di vivere dignitosamente. Decide di fare la venditrice di intimo femminile porta a porta ma, trovata senza il necessario permesso di lavoro, viene multata di una somma per lei proibitiva. Elisabeth non si arrende,per riuscire a trovare i soldi si rivolge ad un obitorio (istituto di medicina legale) per vendere il suo “futuro” cadavere in cambio di un compenso anticipato. In realtà l’istituto non farebbe un buon affare, vista la giovane età della venditrice, ma alle volte il destino gioca brutti scherzi… Così il responsabile motiva la sua decisione affermando che la giovane donna morirà in meno di un mese a causa di una setticemia fulminante. Poteva immaginare Elisabeth che una semplice parola potesse trasformarsi in un disastro? Scambiata per una prostituta, viene arrestata. Sembra ritrovare un pò di pace grazie all’amore di un giovane poliziotto, che offrendole stabilità e affetto ricostruisce la sua fede, ma la macchina burocratica avanza, persecutoria e inarrestabile. Vittima di cavilli e assurdi malintesi, abbandonata da tutti, non le resterà che uccidersi. Horvàth definì la sua opera “una piccola danza di morte”, ovvero il ritratto di un meccanismo delirante, di un sistema malato, che stritola i più poveri, indifesi e disperati uccidendone sistematicamente la speranza.Immagine