L’abbiamo fatto fino quasi a morire

Quando arrivava la primavera mia madre si rendeva conto che io e mia sorella non avevamo più niente da metterci. I pochi pantaloni erano lisi e bucati oppure non ci stavamo più dentro, le magliette erano state lavate così tante volte che ormai si erano tutte scolorite, le gonne no, non le avevamo le gonne e nemmeno i vestitini. Fatto sta che bisognava fare quella cosa che tutte noi odiavamo fare: andare in un negozio di vestiti, scegliere qualcosa e comprare. E così si partiva, con mia madre cupa, alla volta dell’unico negozio del paese. Il negozio si chiamava Martelli, me lo ricordo bene, c’era un salone con una parte rialzata e dentro c’erano tanti vestiti appesi alle grucce. Mia madre era cupa perché sapeva già come sarebbe andata a finire. E infatti finiva sempre allo stesso modo, mia madre cercava di tenerci calme e di consigliarci pantaloni atroci e magliette atroci, mentre io e mia sorella ridevamo come due dementi fino a rotolarci per terra. Non esagero, ci rotolavamo per terra dal ridere, ci mancava il fiato dal ridere, ci veniva il mal di pancia, non riuscivamo nemmeno a rispondere alla commessa che ci guardava incredula, non servivano a niente le preghiere di madre “Alzatevi, su dai, ma che figura mi fate fare, ma perché fate così?”, noi ridevamo fino alla fine, cioè mentre mia madre pagava alla cassa, noi stavamo ancora ridendo, e poi anche in macchina mentre tornavamo a casa. Poi basta, a casa non ridevamo più. Mia madre usciva dalla macchina dicendo che eravamo due deficienti e che si vergognava da morire e che non dovevamo farlo mai più. Ma noi ogni volta lo facevamo ancora. Non lo so perché. A me e mia sorella ci veniva sempre così tanto da ridere che non capivamo più niente. Una volta ci hanno sbattuto fuori da una mostra di quadri perché c’era molto silenzio, noi avevamo cominciato a ridere un po’ per un quadro che si intitolava “Il cagnolino”, era un paesaggio immenso dove in un angolo minuscolo c’era un cane microscopico e a noi aveva fatto tanto ridere e così all’inizio abbiamo cercato di trattenerci, ma più cercavamo di trattenere il ridere più ci scendevano le lacrime e ci faceva male la pancia, allora abbiamo guardato un altro quadro con due mani giunte che pregavano e lì proprio non c’è stato più niente da fare, siamo scoppiate a ridere forte e ci appoggiavamo al muro tenendoci la pancia con le braccia, con la faccia rossa piena di lacrime. E così il custode della mostra ci ha detto di andarcene. Fuori abbiamo continuato a ridere fino a casa. Poi in casa non ridevamo più. Una volta l’abbiamo fatto fino quasi a morire, anche perché c’era mio padre quella volta e noi avevamo tanta paura quando lui si arrabbiava, ma non c’era niente da fare, quando cominciavamo a ridere potevamo sfidare la morte, quella volta eravamo nella sala molto affollata di un famoso ristorante e siccome era la riunione dei commercianti ad un certo punto il presidente ha preso in mano il microfono per parlare, tutti si sono zittiti e noi abbiamo cominciato a ridere.

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